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La buona Notizia
Il Vangelo della III domenica di Quaresima (Gv 2, 13-25)

Purificazione o cacciata?

 Purificazione o cacciata?  QUO-048
27 febbraio 2024

Presente in tutti e quattro i Vangeli, il brano di Giovanni sulla cacciata dei mercanti dal Tempio si differenzia dagli altri tre sotto alcuni aspetti, l’uno dei quali è la menzione delle cordicelle che Cristo avrebbe legato per farne una frusta atta a cacciare i mercanti dal tempio, che non è presente nei vangeli sinottici. Gli esegeti hanno molto discusso sul significato di questo episodio: purificazione del Tempio da un commercio indegno della sua santità? Rifiuto del denaro e del commercio o invece rigetto della religione sacrificale degli ebrei?

Il pensiero corre però subito all’uso che i secoli successivi ne avrebbero fatto, come ogni volta che ci si imbatte, riferito agli ebrei, del tema del denaro. E per capirlo, cosa di meglio delle immagini? L’iconografia della Cacciata è ricca, a cominciare dal dipinto di Giotto nella Cappella degli Scrovegni ai fiamminghi fino ai caravaggeschi e ai tanti pittori barocchi che vi si cimentano. Spazia nello spazio oltre che nel tempo, dal mondo bizantino alla Spagna alla Germania all’Italia. In tutte, Cristo impugna la frusta, come nel Vangelo di Giovanni. Ma a differenza della borsa di Giuda, con i suoi trenta denari, che è un preciso riferimento all’usura, e rappresenta un modulo iconografico antigiudaico che ha una lunga storia, la presenza dei mercanti nel Tempio non assume questa valenza antiebraica. Segno forse che il senso della purificazione prevale, che l’idea del passaggio dal culto ebraico sacrificale a quello cristiano importa di più dell’accusa dell’usura, che pure la presenza nel Tempio dei cambiavalute avrebbe potuto evocare?

Ma c’è un elemento che differenzia le scelte iconografiche di Giotto, nei primi anni del Trecento, da quelle più tarde di El Greco o dei pittori barocchi: la violenza del Cristo che caccia i mercanti e l’estrema confusione delle immagini. E se il disordine può far parte dei moduli pittorici del loro tempo, lo stesso non si può dire della violenza, in questo solo caso attribuita a Cristo nei Vangeli, tanto da aver fatto parlare alcuni interpreti di un Cristo rivoluzionario, di un Cristo che distrugge il Tempio. Che cosa succede, fra il Tre e il Seicento, da spiegare immagini così complesse e forti? Purificazione, insomma, o cacciata? Che significato aveva il passaggio dalla compostezza del Cristo di Giotto al Cristo infuriato di El Greco? Un Cristo nel Tempio, fra l’altro, espressione di un mondo senza ebrei, mentre quello di Giotto ben ne conosce la presenza, la vita. E perché nella Spagna tutta cattolica di El Greco questi ci appaiono in uno scomposto ammasso di volti e corpi a terra, mentre in quelle padovane di Giotto i sacerdoti restano in piedi e si interrogano muti e dignitosi su quanto sta accadendo? Come il testo di Giovanni, l’immagine della cacciata dei mercanti dal Tempio, con i suoi enigmi e le sue trasformazioni, ancora ci suggestiona e ci interroga. 

di Anna Foa