· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

Attraverso l’arte molte donne hanno espresso la loro visione della fede e del sacro

Catechesi simbolica femminile

 Catechesi simbolica femminile  DCM-001
05 gennaio 2024

L’arte è capace di raccontare storie di donne straordinarie che, con la loro capacità creativa e la loro vivacità intellettuale, nel silenzio hanno fatto la storia. E attraverso l’arte molte donne hanno espresso la loro visione della fede, del sacro e della spiritualità. Tre donne, artiste di epoche diverse lo dimostrano inequivocabilmente.

Nel 1620, in uno dei momenti più difficili della storia dell’Europa, all’inizio della guerra dei Trent’anni, mentre il sud Italia veniva saccheggiato dai turchi e nel nord esplodevano sanguinosi attriti fra cattolici e protestanti, una ragazza di Moncalvo di 24 anni, Orsola Maddalena Caccia, figlia di Luigi, rinomato pittore locale, varca la soglia del convento delle Orsoline di Bianzè.

Sarà quel luogo di fede e di preghiera la culla della sua arte. Cinque anni più tardi, grazie all’aiuto del padre, si trasferirà in un altro convento a Moncalvo edificato per lei e per le sue tre sorelle ove poter esprimere compiutamente il connubio fra arte e preghiera. Cresciuta alla scuola del padre, affascinata dall’arte fiamminga, suor Orsola, diverrà nota come il Raffaello del Monferrato. Una delle sue tele, Madonna col Bambino e angelo, ci narra della sua vivacità cromatica e del suo simbolismo raffinato. Immersa in un paesaggio roccioso e fluviale, forse legato alla zona attorno al Pavese (l’opera appartiene alla Castello Visconteo di Pavia) la Madonna è colta nella contemplazione del suo divin Figlio. Il Bambino ci guarda mentre si trastulla con un vassoio di frutta. Quello che potrebbe sembrare un virtuosismo pittorico si trasforma, grazie allo sguardo assorto dell’angelo, in un universo simbolico tutto da decifrare.

Con la mano sinistra Gesù tocca delle pesche simbolo, con mele e albicocche, del frutto proibito dell’albero della vita, con la destra regge, invece, un serto di ciliegie. Anche le arance in primo piano rimandano alla colpa originale che Cristo risana con la sua passione e la sua croce. Le ciliegie infatti, per la loro polpa rossa e il nocciolo di legno, sono segno della croce e del sangue di Cristo che ci ha redenti. La scena si inscrive nell’iconografia della sosta durante la fuga in Egitto, secondo dolore (dopo la circoncisione) del Verbo Incarnato. Durante questa fuga, secondo la letteratura apocrifa, un albero di pesco si sarebbe chinato al passaggio del Redentore. Anche le rose, in primo piano, indicano Maria quale Corredentrice per la partecipazione alle sofferenze del Figlio. La rosa bianca, infatti, indica purezza e forza d’animo, mentre la rosa rosa racconta la partecipazione interiore di Maria al dolore del Figlio. Delicatamente, ma con maestria suor Orsola Caccia ci conduce, entro una scena apparentemente promessa al decorativo, a meditare gli eventi della salvezza.

Con un salto di due secoli troviamo a Graz, in Austria un’ artista singolarissima: Marianne Preindlsberger. Nata nel 1855 poté, a 17 anni, studiare presso l’Accademia di Belle Arti della sua città. Per il suo talento innato fu incoraggiata ad abbracciare la carriera artistica. Si trasferì prima a Monaco e poi a Parigi. Durante una permanenza in Bretagna conobbe il pittore inglese Adrian Scott Stokes, che divenne suo marito. I due, pur non potendo avere figli, godettero di una relazione felice e feconda grazie all’arte. L’incontro, nel 1890, con la pittura preraffaellita avvicinò Marianne a soggetti medioevali e religiosi. È di questo periodo una bella vergine nordica. Una delle tante Madonne del velo che con il loro gesto sembrano dire: «Sotto il velo della carne si nasconde il Verbo dell'Altissimo, nato per morire». Così la Madonna della Stoke è anche un’Addolorata: lo dicono i colori dell'abito, il rosso del sangue, il blu del Mistero. Lo dice lo sguardo mesto rivolto a noi, che rimaniamo quasi indifferenti di fronte al miracolo inusitato di un Dio che si fa uomo. Arbusti spinosi, sullo sfondo, raccontano il destino di passione che attende questo bambino. Una girandola di spine, infatti, avvolgerà presto il capo del Salvatore. Spicca tra esse un arbusto strano, il finocchio selvatico. Un simbolo raro nell’arte, ma non sulla tavola. Un tempo, infatti, si era soliti offrire dolci al finocchio, i quali, per la loro proprietà aromatica, sapevano correggere i difetti del vino meno buono. Così invalse l’uso del vocabolo “infinocchiare” col senso preciso di trarre in inganno. Non a caso la Madonna ha un abito dorato, tempestato di grappoli d’uva: quello che Cristo dispensa è il suo sangue, vera bevanda di gioia e di salvezza.

Un’artista fuori dal comune fu Bradi Barth. Nata nel 1922, San Gallo, nella Svizzera orientale, e morta nel 2007 in Belgio, si dedicò alla pittura fin da piccola. Condusse una vita quasi monastica, vivendo la sua abilità come dono divino e consacrandosi all’arte religiosa. Nel 1946 si trasferì in Belgio per studiare all’Accademia di Gand e lì vi rimase per il resto della sua vita. Basterebbe guardare una delle sue tante fotografie per intuire lo spessore umano e spirituale di questa donna. Nel 2000 costituì un’associazione senza scopo di lucro denominata Herbronen (cioè Tornare alla fonte) cui lasciò tutte le sue opere con un triplice scopo: diffondere il messaggio di Cristo, testimoniare l’unione con il Papa e restare sotto la protezione della Madonna.

Un’opera dal titolo Maria, Madre della Chiesa, testimonia, più delle altre, questi intenti. Una barca naviga in un mare dalle acque agitate, il cielo è notturno, ma brilla in alto a sinistra un sole misterioso, simile a una grande Eucaristia. Il contrasto tra il mare furioso e la pace che regna nell'imbarcazione è evidente. La serenità della Vergine Madre, di Pietro, delle pecore quietamente alloggiate nello scafo, fa invidia a noi che guardiamo così spesso il mare dell’agitazione generale. Oggi vince così spesso lo sconcerto, lo scandalo e la frode che il messaggio controcorrente di Bradi ci affascina. Siamo tutti nella stessa barca, ma in questa barca c’è una perla di luce che, nel pensiero di Cristo, è la sede di Pietro. Il papa non si contenta del pastorale ma imbraccia la croce, segno in cui tutto si può vincere. Guarda alla vela, rossa per il sangue dei martiri, ma rigonfia dello Spirito divino. Così per Bradi Barth fra le tempeste di ogni tempo la barca di Pietro raccoglie l’umanità sotto la luce di Maria e dell’Eucaristia.

di Maria Gloria Riva
Storica dell'arte e fondatrice della Comunità monastica della Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento, diocesi di San Marino- Montefeltro

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