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La buona Notizia
Il Vangelo della VII domenica di Pasqua (Mc 16, 15-20)

A ogni creatura

 A ogni creatura  QUO-103
07 maggio 2024

Uno dei temi di questo brano del Vangelo di Marco è quello dell’evangelizzazione. «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura», dice Cristo agli apostoli prima di ascendere in cielo. E ancora al versetto 20: «Allora essi partirono e predicarono dappertutto». L’enfasi è sul dappertutto. Come altri passi dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli, il versetto allude al fatto che tutto il mondo sarà sottoposto alla diffusione della Parola di Dio, che tutto il mondo la conoscerà.

Il problema nasce quando improvvisamente nel Cinquecento, con le scoperte geografiche, appaiono popoli interi che di questa parola sembrano essere non nemici, come i musulmani, ma del tutto ignari, come gli indios delle Americhe. Che ne era della profezia rassicurante dei testi cristiani? Nella sua Storia d’Italia ( vi , 30) Francesco Guicciardini allude allo stupore dei teologi di fronte a questa scoperta: «Né solo ha questa navigazione confuso molte cose affermate dagli scrittori delle cose terrene, ma dato, oltre a ciò, qualche anzietà  agli interpreti della scrittura sacra, soliti a interpretare (…) che la fede di Cristo fusse, per la bocca degli apostoli, penetrata per tutto il mondo: interpretazione aliena dalla verità, perché non apparendo notizia alcuna di queste terre, né trovandosi segno o reliquia alcuna della nostra fede, è indegno di essere creduto o che la fede di Cristo vi sia stata innanzi questi tempi o che questa parte sì vasta del mondo sia mai più stata scoperta o trovata da uomini del nostro emisperio».

A questa “anzietà” il mondo cristiano rispose innanzitutto affrettando una nuova opera di evangelizzazione che colmasse questa inesplicabile lacuna. Così, ad esempio, proprio ricalcando la prima evangelizzazione apostolica, dodici francescani sbarcarono nel 1523 in Messico a spargervi il cristianesimo. E poi, interpretando gli indios stessi come discendenti degli antichi ebrei e la loro ignoranza come oblìo, non mancanza di conoscenza.

Erano, gli indios, in realtà i discendenti di quelle antiche tribù perdute di Israele la cui conversione era necessaria all’Apocalisse cristiana. Sarebbe stato così l’antico rifiuto degli ebrei a riconoscere il Messia a spiegare l’ignoranza di quei lontani loro discendenti, non una carenza nella diffusione della parola nel mondo. Il noto si sovrapponeva all’ignoto, gli indios erano in realtà ebrei e come tali non conoscevano il Cristo. L’ansietà dei teologi era placata, il “dappertutto” dei Vangeli era salvo e il mondo era tornato comprensibile. 

di Anna Foa