· Città del Vaticano ·

Messaggio del Dicastero per il Dialogo interreligioso in occasione della festa del Vesak 2024

Cristiani e buddisti insieme per la pace attraverso la riconciliazione e la resilienza

 Cristiani e buddisti insieme per la pace  attraverso la riconciliazione e la resilienza   QUO-102
06 maggio 2024

«Cristiani e buddisti: lavorare insieme per la pace attraverso la riconciliazione e la resilienza». È il tema del messaggio del Dicastero per il Dialogo interreligioso ai buddisti di tutto il mondo per l’annuale festa del Vesak, che commemora i principali avvenimenti della vita di Buddha. Pubblichiamo una traduzione dall’inglese del documento diffuso oggi, lunedì 6 maggio, a firma del cardinale prefetto Miguel Ángel Ayuso Guixot e del segretario monsignor Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage.

Cari amici buddisti,

la celebrazione del Vesak, questo tempo sacro per voi che commemora la nascita, l’illuminazione e la dipartita del Buddha, ci offre l’occasione giusta per porgervi i nostri più calorosi saluti e riflettere con voi sulla nostra comune responsabilità, come cristiani e buddisti, di promuovere la pace, la riconciliazione e la resilienza, valori profondamente radicati nelle nostre rispettive tradizioni religiose.

«Mai più la guerra, mai più la guerra! È la pace, la pace, che deve guidare il destino delle nazioni di tutta l'umanità!». Questo forte appello, pronunciato da Papa Paolo vi nel suo discorso alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965, è riecheggiato in numerosi raduni interreligiosi negli ultimi anni per condannare la distruzione causata dalle guerre in tutto il mondo. Abbiamo affrontato questo tema in diverse occasioni, ma la continua escalation dei conflitti in tutto il mondo richiede una rinnovata attenzione alla questione critica della pace e una riflessione più profonda sul nostro ruolo nel superare gli ostacoli che si frappongono alla sua crescita. Oltre alle nostre costanti preghiere e speranze, la situazione attuale ci richiede sforzi vigorosi. Per fare la nostra parte nel porre fine all’odio e al desiderio di vendetta che portano alla guerra e nel curare le ferite che la guerra ha inflitto all’umanità e alla terra, la nostra casa comune, dobbiamo rafforzare il nostro impegno a lavorare per la riconciliazione e la resilienza.

Se non si affrontano adeguatamente le cause profonde dei conflitti e della violenza, l’alba di una pace duratura è un’illusione, perché non ci possono essere pace e riconciliazione senza equità e giustizia nella vita politica, economica e culturale. «Perdonare e riconciliarsi non significa fingere che le cose siano diverse da come sono. Non si tratta di darsi pacche sulle spalle a vicenda e di chiudere un occhio sul male. La vera riconciliazione mette a nudo l’orrore, l’abuso, il dolore, il degrado, la verità» (Desmond Tutu, No Future Without Forgiveness, 218).

I nobili insegnamenti delle nostre rispettive tradizioni e le vite esemplari vissute da coloro che veneriamo testimoniano gli abbondanti benefici della riconciliazione e della resilienza. Quando si cerca il perdono e si guariscono le relazioni interrotte, coloro che si erano allontanati si riconciliano e si ristabilisce l’armonia. La resilienza consente agli individui e alle comunità di riprendersi dalle avversità e dai traumi. Promuove il coraggio e la speranza in un futuro più luminoso, poiché trasforma sia le vittime sia i colpevoli e conduce a una nuova vita. Riconciliazione e resilienza si uniscono per formare una potente sinergia che guarisce le ferite del passato, forgia legami forti e permette di affrontare le sfide della vita con forza e ottimismo.

Come insegnato nei rituali e nei culti propri delle nostre rispettive tradizioni religiose, la riconciliazione e la resilienza sono quindi i correttivi necessari per una cultura della violenza che spesso viene giustificata come risposta deplorevole ma necessaria ad azioni militari o terroristiche aggressive. La riconciliazione e la resilienza ci permettono di perdonare e chiedere perdono, di amare e stare in pace con noi stessi e con gli altri, anche con coloro che ci hanno fatto del male.

Il Buddha ha tramandato la saggezza senza tempo secondo cui «in questo mondo l’odio non si placa mai con l’odio. Si placa solo con l’amorevolezza». (Dhammapada, v. 5), mentre San Paolo, facendo eco all’appello di Gesù per un perdono senza limiti (Vangelo di Matteo 6, 14), esorta i cristiani ad abbracciare il ministero della riconciliazione iniziato da Dio in Cristo (2 Corinzi 5, 11-21).

Nel rivolgervi i nostri cordiali saluti in occasione del Vesak, permetteteci di invocare la saggezza senza tempo del Venerabile Maha Ghosanda, testimone degli orrori del genocidio cambogiano e ispiratore del Dhamma Yatra Peace Pilgrimage, che ci esorta a «rimuovere le mine dell’odio dai nostri cuori» (cfr. Preghiera per la pace). Anche Papa Francesco ci assicura che «la riconciliazione riparatrice ci farà risorgere e farà perdere la paura a noi stessi e agli altri» (Fratelli tutti, 78). A coloro che sono stati nemici accaniti consiglia di «imparare a coltivare una memoria penitenziale, che sappia accettare il passato per non offuscare il futuro con i propri rimpianti, problemi e progetti» (Fratelli tutti, 226). Tutti noi siamo chiamati a riscoprire e a fare tesoro di questi valori presenti nelle nostre rispettive tradizioni, a far conoscere meglio le figure spirituali che li hanno incarnati e a camminare insieme per la pace.

Con questi pensieri di preghiera, vi auguriamo una fruttuosa celebrazione del Vesak!