· Città del Vaticano ·

Parole e gesti di Papa Francesco

Un dialogo che restituisce il sorriso

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04 maggio 2024

L’ultima volta nella parrocchia di San Giovanni Maria Vianney, l’11 aprile, lo si è visto chiaramente: il volto, alla partenza dal garage di Casa Santa Marta, era leggermente stanco, di chi sacrifica magari quei — sempre troppo pochi — minuti di riposo per andare a fare qualcosa di più importante. Poi, è come se si fosse acceso qualcosa quando, arrivato alla rampa del teatro-salone parrocchiale, scendendo dalla Fiat 500L ha visto circa 200 bambini girati con la testa all’indietro, gli occhi sbarrati e la mano sulla bocca in segno di stupore. Come quando si spinge l’interruttore e si accende la luce, si mette in carica il cellulare e sale la luminosità del display o si dà fuoco a quelle candeline di compleanno, di moda ora tra i ragazzi, che schizzano scintille a fontana. Così, all’improvviso, un cambiamento repentino.

È l’effetto che fa al Papa la vicinanza ai bambini.

Non è la stanca retorica del “Papa nonno”, del “Papa affettuoso”, del “Papa buono”, ecc., è qualcosa di reale, di plastico, tangibile. Sono i gesti, le espressioni del viso, quel sorriso che si allarga e prende il posto della precedente espressione. Poi la voce che torna piena, anche se magari reduce da una influenza, la verve di sporgersi dalla carrozzina per battere il cinque a ragazzini che si salgono l’uno sulle spalle degli altri. O ancora, come nel caso sempre della parrocchia in zona Borghesiana, il piglio da catechista, o meglio, da “maestro di una volta” nel guidare un dialogo esuberante in cui tutti vogliono ritagliarsi un momento o sono troppo timidi per farlo: «No, tu hai già parlato… Avanti un altro... Dai vieni al microfono… Sìì coraggioso… E perché? Spiegati meglio… Sei bravo tu, eh, sei un filosofo».

Che la vicinanza alla gente sia ciò che lo «rianima» l’ha detto egli stesso sin dall’elezione nel 2013 quando aveva deciso di risiedere in quello che, fino a quel momento, era un albergo per gli ospiti in Vaticano, la Domus Sanctae Marthae. Con i bambini ancora di più. Sarà per questo motivo che ha scelto di inaugurare con loro, con i più piccoli, la serie di incontri di Scuola di Preghiera che scandiranno l’Anno della Preghiera avviato come preparazione al Giubileo 2025.

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Con i ragazzi e le ragazze del catechismo della parrocchia dedicata al Curato d’Ars che si preparano alla prima Comunione, Francesco si è fatto catechista per un giorno, rispondendo a domande, osservazioni, richieste e riflessioni.

Qualcosa di simile, anche se in scala maggiore, era accaduto il 6 novembre 2023, in Aula Paolo vi , con il grande incontro Impariamo dai bambini e dalle bambine, patrocinato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione e organizzato da padre Enzo Fortunato e Aldo Cagnoli. Quel pomeriggio, tra balli e canti, si erano riuniti intorno al Pontefice oltre 7.500 ragazzi da tutto il mondo, zone di guerra incluse. Anche in quell’occasione il Papa, dopo giochi ed esibizioni musicali, si era lanciato in un dialogo a tutto tondo, rispondendo ai quesiti esistenziali dei suoi ospiti senza tralasciare i temi «tristi». Come quello della guerra, portata avanti da «gente cattiva» che insegue le proprie mire senza preoccuparsi di star uccidendo o affamando migliaia di minori o che «ha rubato il sorriso» ai bambini.

Un grave «crimine questo», come il Papa ha detto in tantissime occasioni: dal primo incontro con un gruppo di piccoli profughi ucraini all’udienza generale, fino all’ultima benedizione Urbi et Orbi di Pasqua, durante la quale, con voce commossa, ha menzionato i minori che «hanno perso il sorriso» per la guerra, che «con il loro sguardo ci chiedono: perché tanta morte?», i bambini che non «possono nemmeno vedere la luce», quelli che «muoiono di fame» o che sono «vittime di abusi e violenze».

«Voi sapete che c’è gente cattiva, che fa la guerra, fa del male, distrugge. Voi volete far del male?». «Nooo!!!». «Volete far del bene?». «Sììì!!!». «Lo diciamo insieme a bassa voce: lavoriamo per la pace!». Nella forma del botta e risposta, il Papa nell’incontro in questione del 6 novembre ha cercato di coinvolgere nel cambiamento del futuro chi il futuro lo rappresenta. «Io sono sempre felice quando vi incontro, perché mi insegnate ogni volta qualcosa di nuovo. Mi ricordate come è bella la vita nella sua semplicità, mi insegnate pure come è bello stare insieme!», aggiungeva il Pontefice poco dopo nella medesima udienza che, con la sua grande partecipazione internazionale, è stata un “assaggio” di quello che si vivrà a Roma tra qualche giorno, il 25 e 26 maggio, con la Giornata Mondiale dei Bambini, la cosiddetta Gmb.

Un evento del tutto inedito che vuole affiancarsi alle ormai storiche Gmg, le Giornate Mondiali della Gioventù inaugurate negli anni ’80 da Giovanni Paolo ii . Qualcosa di grande con protagonisti i più piccoli. D’altronde dai piccoli è nato l’impulso iniziale, anzi, da un piccolo, un bambino di 9 anni, Alessandro, figlio di un giornalista di Vatican News – Radio Vaticana. L’idea è stata sua e chi scrive si è fatto latore di questa richiesta al Papa.

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Era un giorno di inizio luglio e con Francesco si doveva registrare nel suo appartamento a Santa Marta la seconda puntata del Popecast, il podcast del Pontefice con i media vaticani. Il primo era stato lanciato il 13 marzo per i dieci anni di pontificato; a luglio una nuova puntata in vista della Gmg di Lisbona. Un dialogo a distanza con alcuni ragazzi e ragazze in situazioni di disagio che condividevano i loro sentimenti senza sapere che il Papa stesso li avrebbe ascoltati da un computer per poi dar loro incoraggiamento, consolazione, consigli per la vita. In questo gruppo, di fatto non assortito, ma accomunato dal vivere l’esperienza della giovinezza, delle sue gioie e dei suoi dolori, ha fatto capolino Alessandro che tramite il papà ha inviato la sua richiesta al Papa con un messaggio vocale su WhatsApp: «Caro Papa Francesco, a quando una giornata mondiale per noi bambini?».

La registrazione era durata circa un’ora e l’agenda, seppur in piena estate, era fitta di impegni. «Ho questa udienza, poi quest’altra… facciamo l’ultimo». Quando già in piedi, quasi alla porta, allo scadere dell’ora concessa, non era possibile tralasciare la richiesta, geniale, di Alessandro: «Santità, questa però gliela devo fare sentire. È un bambino che vuole parlarle». Anche lì, il cambiamento repentino appena partita la voce squillante sullo smartphone. La luce che si accende, il cellulare che si ricarica, la fontana delle candeline. Il Papa che si risiede, ride e sorride, fa un cenno col dito («Bravo lui, eh!», sussurra), poi risponde: «Mi piace tanto! Una bella idea. Ci penserò e vedrò come farla».

Il progetto è partito, grazie a un intero comitato organizzatore che si sta impegnando da mesi. Francesco l’ha annunciato all’Angelus dell’Immacolata, l’8 dicembre 2023: «L’iniziativa risponde alla domanda: che tipo di mondo desideriamo trasmettere ai bambini che stanno crescendo? Come Gesù vogliamo mettere i bambini al centro e prenderci cura di loro».

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Dopo questi due giorni di maggio — che, come anticipato dagli organizzatori, si ripeteranno negli anni a venire in altre capitali del mondo — si aggiungeranno quindi nuovi fotogrammi all’ampia galleria del Papa argentino insieme ai bambini che ha puntellato questo pontificato. Impossibile racchiuderli tutti in un articolo, seppur molti siano rimasti impressi nella memoria collettiva. Difficile dimenticare, ad esempio, la scena del Papa neoeletto che, in un giro in papamobile dell’udienza del 6 aprile 2013 (nemmeno un mese dopo il Conclave), stringeva a sé e riempiva di baci un bimbo disabile, poggiando poi il capo sulla sua spalla per un attimo di commozione. Rimangono impresse anche le immagini dei diversi bambini, affetti da qualche malattia, che eludono la sorveglianza dell’udienza generale e salgono sul palco, giocherellando e sedendosi accanto al Papa, oppure la fronte di Francesco su quella di Emanuele, incontrato nel quartiere romano Corviale che, tra i lacrimoni, raccontava di suo papà morto che, ateo, aveva voluto far battezzare i suoi figli. E il Papa che lo consolava, dicendo: «Il Signore sarà fiero di tuo papà». Non si dimenticano, poi, le feste di compleanno trascorse con i bambini accolti nel Dispensario Santa Marta, le visite all’Ospedale Bambino Gesù con le benedizioni sulle teste calve e le strette alle mani attaccate alle flebo o quelle negli ospedali e nei centri accoglienza dell’Africa e dell’America Latina durante i suoi viaggi apostolici. Ancora: le visite ai campi profughi, a Lesbo e non solo, con lo sguardo di compassione a chi vive in condizioni ai limiti dell’umanità; il saluto annuale ai ragazzini del “Treno dei Bambini” organizzato con il Cortile dei Gentili; le foto di gruppo e i dialoghi con i partecipanti al Centro Estivo in Vaticano. Momenti di gioco, momenti di allegria, momenti di commozione sincera e anche di riflessione. Se ne vedranno certamente di nuovi. Nuove luci, nuovi caricatori, nuove candeline.

di Salvatore Cernuzio